Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

  • Viviana Gabriele

    FOGGIA
    04/05/2014 16:46

    prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

    devo predisporre il progetto di stato passivo di un fallimento nel quale il Fallito non ha tenuto regolarmente la contabilità nel senso che per l'ultimo anno di attività è stato invitato, invano, dal depositario delle scritture a produrre la documentazione per la corretta predisposizione del bilancio. quali regole devo seguire per proporre l'ammissibilità di un credito? è sufficiente quale prova del credito la copia della fattura e del registro fatture o registro iva munito di certificazione notarile? i decreti ingiuntivi non ancora esecutivi alla data di dichiarazione di fallimento costituiscono prova della sorte capitale in esso indicata?
    grazie
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      04/05/2014 19:55

      RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

      La disciplina che regola l'onere probatorio nel giudizio di accertamento del passivo è oggi, in linea di massima, la stessa che va seguita nell'ordinario giudizio di cognizione, in cui l'attore deve fornire la prova di quanto sostiene e il convenuto può addurre i fatti modificativi, estintivi o impeditivi del diritto azionato; concetto che traslato nel giudizio fallimentare significa che il creditore deve fornire la prova del credito insinuato e la collocazione richiesta, e il curatore può sollevare le eccezioni che bloccano l'ammissione, sia nell'an che nel quantum, e la collocazione. Nel giudizio di verifica, vi è da dire, che l'istruttoria è prevalentemente documentale nella fase sommaria e può articolarsi con maggiore estensione nei giudizi di impugnazione, che comunque seguono il rito camerale; in più, il curatore/convenuto è parte processuale, ma è considerato terzo nel rapporto tra il debitore fallito e il creditore che si insinua.
      Alla luce di questa estrema sintesi, si capisce come la fattura non costituisca prova del credito in essa indicato in quanto la fattura è atto unilaterale del creditore e il fatto che la stessa sia registrata nei suoi registri contabili potrebbe eventualmente dare la prova che il credito vantato è sorto prima della dichiarazione di fallimento (e quindi opponibile al curatore terzo), ma non la prova dell'esistenza dello stesso. Il fatto che a volte la fattura è ritenuta sufficiente per la prova del credito deriva soltanto dal fatto che essa trova riscontro nella documentazione del fallito o nell'inventario; ossia se il curatore trova che la fattura è stata registrata anche nei libri contabili del fallito o la merce di cui alla fattura è stata inventariata, diventa superfluo opporre la mancanza di prova della fornitura effettuata perché quel creditore in sede di opposizione potrebbe agevolmente fornire la prova di quanto sostenuto. Lì dove manca, come nel suo caso, la documentazione del fallito, questo discorso non si può fare e il creditore deve intensificare il suo onere probatorio perché le ricerche del curatore non possono avallare quanto da lui vantato.
      I decreti ingiuntivi non dichiarati definitivi prima della data del fallimento sono, per costante giurisprudenza, inutilizzabili per fornire la prova del credito ingiunto in quanto essi sono tampuam non esset, ossia come se non esistessero, tanto che non vanno ammesse neanche le spese relative al decreto né va riconosciuta l'eventuale ipoteca iscritta in base ad un titolo del genere provvisoriamente esecutivo.
      Zucchetti SG Srl
      • Alessandro Bartoli

        Citta' di Castello (PG)
        22/04/2015 19:07

        RE: RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

        Buonasera,
        mi inserisco nell'interessante discussione per proporre un caso concreto per avere un vostro qualificato punto di vista.
        Il curatore riscontra nella contabilità del fallito le fatture emesse dal creditore e per le quali si chiede l' ammissione al passivo.
        Per converso nel partitario corrispondente trovasi un pagamento effettuato dal socio (senza specifica indicazione, es. assegno bancario, circolare, ecc.).
        Il fallito non collabora e quindi è preclusa la possibilità di articolare un contraddittorio in sede di udienza di verifica dello stato passivo.
        A mio giudizio il curatore non può soprassedere alle indicazioni contabili del fallito (anche se non sufficientemente documentate) lasciando poi al creditore (che si vedrà ridotte le sue richieste) promuovere opposizione allo stato passivo.
        In sede di opposizione all' ammissione (ridotta) potrebbero emergere quelle prove del pagamento che in sede di prima verifica non sono emerse.
        Quale è il vostro punto di vista ?
        grazie.
        Alessandro Bartoli
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          23/04/2015 19:52

          RE: RE: RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

          Classificazione: STATO PASSIVO / PROVA
          Quella da lei indicata è la via più prudenziale dal momento che come utilizza i libri contabili del fallito per suffragare il credito portato dalle fatture, eguale valore può dare agli stessi libri lì dove riportino un pagamento parziale effettuato. Tenga conto, comunque, che la prova dell'avvenuto pagamento è a carico del debitore curatela, per cui potrebbe correre il rischio di dover sopportare le spese del giudizio di opposizione allo stato passivo ove risultasse in questo soccombente, per cui valuti se, in considerazione delle possibilità di fornire la prova del pagamento, in considerazione dell'entità del pagamento e delle possibilità di soddisfazione del creditore, valga la pena di correre detto rischio.
          Zucchetti SG srl
          • Luigi Lucchetti

            ROMA
            09/05/2015 13:02

            RE: RE: RE: RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

            Per quanto, fondare l'ammissione del credito al passivo del fallimento sulla base delel risultanze contabili del fallito, non è pacifico.

            Si veda, in proposito, questo commento, trovato a questo indirizzo URL:
            http://www.odcc.mulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:59

            che riporto integralmente per comodità di lettura:
            Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 20 febbraio 2013, n. 4213, si sono di recente pronunciate sul tema della prova del credito ai fini dell'ammissione della relativa pretesa al passivo fallimentare e, più in dettaglio, sull'applicabilità del peculiare regime probatorio che assiste il sistema delle scritture private e contabili ai sensi degli artt. 2702 e ss. c.c.
            In vero, le sezioni unite erano sollecitate a dirimere, in particolare, la questione – allo stato dibattuta nella giurisprudenza di legittimità – se la mancanza della certezza della data di scritture private prodotte ai fini della prova del credito che s'intende insinuare nel passivo fallimentare contribuisca all'integrazione della fattispecie – ne costituisca, cioè, fatto costitutivo – ovvero rappresenti un elemento impeditivo del riconoscimento del diritto, con le note conseguenze in ordine agli esiti del mancato adempimento dell'onere della prova in ordine a tali fatti (art. 2697 c.c.).

            Tuttavia, alla luce dei motivi di ricorso, il collegio si è trovato a chiarire, più in generale, se il regime probatorio che concerne scritture private e annotazioni contabili, astrattamente applicabile all'imprenditore, «possa poi trovare attuazione, ove sia successivamente intervenuto il suo fallimento, anche nei confronti del curatore»: dilemma al quale la Suprema Corte, in linea con una costante giurisprudenza, ha dato soluzione negativa, sostanzialmente muovendo dalla terzietà del curatore rispetto alla posizione sostanziale e processuale del fallito.

            Più in particolare, con riguardo all'art. 2710 c.c. – a mente del quale, come noto, «i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa» – la recente sentenza conferma il prevalente indirizzo di merito e di legittimità che vuole esclusa la riferibilità di tale principio al curatore fallimentare, che, infatti, non subentra «nella posizione sostanziale e processuale del fallito»: tale regime probatorio, dunque, sarebbe destinato a operare «soltanto fra imprenditori, in relazione a rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa».

            Del resto, osservano le sezioni unite, «il curatore non è un imprenditore e dunque, una volta escluso che la sua posizione sia quella successoria in un rapporto già facente capo al fallito, essendo viceversa a lui attribuibile esclusivamente la funzione di semplice gestore del patrimonio di quest'ultimo, ne deriva automaticamente l'inapplicabilità nei suoi confronti della disciplina probatoria di cui si lamenta la mancata attuazione».

            Molto più articolato è il ragionamento del collegio in ordine al problema specificatamente rimesso alla sua funzione nomifilattica, concernente la natura del requisito della data certa della scrittura privata in ordine al diritto a partecipare al concorso fallimentare; come rileva la Corte, però, siffatto problema impone, pregiudizialmente, che sia affrontato e risolto in senso negativo il dubbio concernente l'applicabilità dell'art. 2702 c.c., a norma del quale «la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta».

            A tale riguardo, il collegio osserva che è opinione ormai consolidata nella giurisprudenza di legittimità (sin dalla lontana pronuncia delle sezioni unite n. 8879/1990) che il curatore fallimentare, nella fase di formazione del passivo sia considerato terzo rispetto ai creditori istanti e al fallito medesimo, sì che, in ordine alla data della sottoscrizione della scrittura privata dovrebbe trovare applicazione il principio posto dal successivo art. 2704 c.c., a mente del quale essa non è tendenzialmente opponibile se la scrittura non sia autenticata.

            Impostato in questi termini il quadro normativo rilevante, il collegio affronta il thema decidendum osservando come siano astrattamente compendiabili due distinte impostazioni: secondo una prima prospettiva, la data certa rappresenterebbe un fatto costitutivo del diritto, mentre secondo un altro orientamento tale profilo e, più in particolare, la sua mancanza, costituirebbe invece un fatto impeditivo del diritto azionato.

            Assecondando la prima impostazione, la mancanza della prova della data certa (in tesi anteriore all'apertura del fallimento, a norma dell'art. 52 l. fall.) dovrebbe condurre al rigetto della domanda; nella seconda prospettiva, invece, la pretesa creditoria, pur provata mediante il ricorso alla prova scritta, rintraccerebbe nella mancata dimostrazione della data certa un fatto impeditivo al riconoscimento del diritto (non di credito, ma) di partecipazione al concorso, rimesso al regime delle eccezioni.

            La preferenza del collegio è per il secondo orientamento, poiché ciò che viene in considerazione nell'art. 2704 c.c. – come confermerebbe la collocazione della norma fra le disposizioni in tema di tutela dei diritti e, segnatamente, di prove – non sarebbe tanto la validità dell'atto, quanto la sua efficacia sotto il peculiare profilo dell'opponibilità ai terzi: in altre parole, il tipo di problema risolto dall'art. 2704, comma 1, c.c. non sarebbe quello dell'esistenza del credito documentato nella scrittura privata prodotta ai fini della partecipazione al concorso, ma dell'opponibilità della data ai terzi; una soluzione, questa, che consentirebbe di contemperare la maggiore tutela offerta alla generalità dei creditori concorrenti per effetto dell'applicazione dell'art. 2704, comma 1, c.c. – nella prospettiva, già enunciata nella risalente decisione delle sezioni unite del 1990, prima richiamata – con l'esigenza di non sovvertire radicalmente, in caso di successivo fallimento di una delle parti del rapporto, il sistema probatorio semplificato, istituito dal legislatore per agevolare la sicurezza dei traffici commerciali, e assecondare in tal modo il principio della vicinanza della prova.

            Accertato che la data certa apparterrebbe al novero dei fatti impeditivi, sulla conseguente questione se si tratti di eccezione in senso stretto o di eccezione rilevabile anche d'ufficio, la Cassazione mostra di preferire la seconda prospettiva, in considerazione del rilievo che le ipotesi appartenenti alla prima categoria avrebbero carattere eccezionale e dovrebbero perciò intendersi circoscritte ai soli casi espressamente previsti dal legislatore.

            Le conclusioni della Cassazione sui temi sinteticamente richiamati meriterebbero un approfondimento critico non consentito dalla natura informativa della presente nota. Vale forse la pena di osservare, tuttavia, che quanto al valore probatorio delle scritture contabili, l'impostazione tradizionale confermata dalla sentenza che si segnala, pur muovendo dal rilievo formale che il curatore non assume la qualità d'imprenditore e che, per la verità, è titolare tanto delle azioni che competono al primo, quanto di quelle promuovibili contro costui, sembra in realtà ispirata dall'intento, sostanziale, di disapplicare una serie di disposizioni del diritto dell'impresa ritenute espressive della volontà di agevolare la sicurezza e la stabilità dei traffici commerciali. Il che sembra celare un pregiudizio negativo sulla regolarità della tenuta delle scritture contabili da parte dell'imprenditore fallito e, più in generale, da parte delle imprese commerciali.

            In questo senso, la giurisprudenza sembra dell'avviso che, mentre nei rapporti fra imprese in bonis – rispetto alle quali si può presupporre la solvibilità di ciascuna delle parti del rapporto – l'ordinamento ammette senz'altro le semplificazioni probatorie iscritte agli artt. 2709 ss. c.c., eventualmente al costo di penalizzare l'imprenditore che non adempia esattamente all'obbligo di tenuta delle scritture contabili obbligatorie, nel caso in cui una delle imprese coinvolte risulti insolvente dovrebbe trovare applicazione il regime delle prove di diritto comune, con l'ulteriore aggravio che, dovendo sempre ritenersi il curatore alla stregua di un terzo, si dovrà privilegiare l'applicazione dei regimi probatori tendenzialmente più rigorosi.

            Per il caso della formazione del passivo, tale impostazione è sovente spiegata rilevando che v'è uno specifico interesse dei creditori a che sia ridotto l'ammontare delle pretese complessivamente gravanti sull'attivo fallimentare, sia attraverso il mancato riconoscimento del credito sia, più semplicemente, per la loro inopponibilità temporale alla procedura. E, lungo questo percorso argomentativo, la disapplicazione delle norme in discorso darebbe conto di una vicenda che vede ormai contrapposti non tanto il singolo creditore e l'impresa debitrice, ma i creditori fra di sé.

            Tuttavia, a tali fini, non sembra esaustivo e, in definitiva, appagante il mero richiamo alla terzietà del curatore fallimentare; ciò perché, se dal piano squisitamente processuale ci si sposta a quello sostanziale e se, in relazione a quest'ultimo, si considera la procedura fallimentare non come una vicenda che riguarda la persona dell'imprenditore – la quale, fra l'altro, può assumere, e anzi normalmente assumerà caratteristiche peculiari poiché la crisi rilevante ai sensi dell'art. 1 l. fall. concerne in misura prevalente imprese organizzate secondo modelli entificati e, in particolare, società – ma direttamente l'impresa, ossia l'attività in cui essa si esprime e i beni che le sono strumentali, oltre che, a talune condizioni, il patrimonio personale dell'imprenditore persona fisica ovvero quello dei soci illimitatamente responsabili, gli interrogativi e, soprattutto, le risposte non dovrebbero riguardare tanto i rapporti, poi processuali, fra fallito e curatore, ma la disciplina applicabile all'impresa in crisi.

            In questo senso, si tratterà di chiarire se e in che limiti, all'esito dell'avvio della procedura concorsuale, continuino a trovare applicazione all'impresa in crisi le diverse discipline dettate per l'esercizio in bonis dell'attività, eventualmente distinguendo le ipotesi in cui con la procedura cessi tale attività da quelle nelle quali, all'opposto, essa prosegua in tutto o in parte. E in ordine a questo interrogativo, considerando come il più delle volte l'impresa, pur fallita, non cessa di presentarsi come tale sul mercato e, più ampiamente, nel contesto del traffico giuridico, non si vede la ragione che giustifichi l'integrale disapplicazione della relativa disciplina in assenza di più convincenti considerazioni di quanto non sia la formale osservazione che il curatore non succede all'imprenditore e non diviene egli stesso tale.

            Del resto, a prescindere dall'eventualità di attestazioni contabili infedeli (che tuttavia l'ordinamento ha gli strumenti per sanzionare, anche penalmente), appare quantomeno discutibile, per un verso, escludere in toto l'applicazione del regime probatorio delle scritture contabili nel caso in cui l'impresa sia fallita – e, dunque, anche per l'ipotesi in cui si discuta di rapporti sorti o proseguiti all'indomani della sentenza dichiarativa di fallimento – e, per altro verso, costringere tutti coloro che trattano con un'impresa (ancora) in bonis a precostituirsi strumenti probatori specifici, idonei a resistere a fronte dell'eventualità della crisi della propria controparte. D'altra parte, lo stesso intento di salvaguardia delle ragioni creditorie – che verosimilmente si cela dietro l'esclusione del particolare valore probatorio delle scritture contabili contro il curatore – è quantomeno "miope": infatti, per le medesime ragioni, si finisce col negare che il curatore possa far valere pretese creditorie dell'impresa fallita servendosi delle risultanze delle relative scritture contabili, a potenziale detrimento proprio delle ragioni della massa.

            Più complesso, invece, è il discorso in ordine al requisito della data certa di scritture private prodotte a sostegno di una pretesa verso il fallimento: in quel caso, infatti, la circostanza che venga in rilievo una disciplina di diritto comune e il fatto che l'art. 2704 c.c. faccia generico riferimento ai terzi – senza ulteriormente specificare in ordine alla particolare terzietà in considerazione, come accade anche, per esempio, nell'art. 45 l. fall., ove si evocano "le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi" – potrebbe in effetti rendere ragione dell'applicazione del regime probatorio previsto per il terzo "più favorito".

            • Zucchetti SG

              Vicenza
              10/05/2015 19:05

              RE: RE: RE: RE: RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

              La ringraziamo per il contributo che ha voluto offrire agli utenti, che ci sembra perfettamente in lenea con quanto da noi sostenuto nella prima risposta della discussione, ove si diceva del valore da dare alla fattura. Nella seconda risposta, più che del credito, che trovava conferma anche nelle registrazioni della contabilità del fallito, si parlava della prova dell'avvenuto pagamento e del rilievo allo scopo dei libri contabili (non del creditore ma) del debitore fallito.
              La sentenza delle sezioni unite di cui al commento da lei riportato ha più che altro risolto il contrasto tra i diversi orientamenti in tema di data certa, che nei quesiti precedenti non veniva in discussione, perché sulla inapplicabilità al curatore dell'art. 2710 c.c, (per il quale i libri contabili regolarmente tenuti possono essere utilizzati come prova tra imprenditori) vie era un orientamento abbastanza conforme.
              Zucchetti SG srl
    • Gabriele Solinas

      Sassari
      02/12/2024 12:22

      RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

      La contabilità di cantiere, i Sal e i computo metrici a firma del direttore di cantiere costituiscono prova del credito a Vostro avviso?
      • Zucchetti SG

        Vicenza
        02/12/2024 20:56

        RE: RE: prova credito da proporre ammissione a progetto di stato passivo

        Cfr. risposta alla sua idenntica domanda appostata sotto altra voce.
        Zucchetti SG srl